Vetrina HomePage - Raccolta capannone Petrolchimico
Il 19 febbraio 2015, presso la Prefettura di Venezia, si sono incontrare le organizzazioni sindacali FILCTEM CGIL e FEMCA CISL assieme alle Istituzioni locali e le aziende Reckitt Benckiser e Zeolite per discutere delle possibili soluzioni sulla difficile vertenza che ha creato rapporti tesi tra le due ditte e mettendo in discussione la continuità produttiva di due aziende con il conseguente rischio di perdere 40 posti di lavoro. L’atmosfera al tavolo era molto tesa, sono state discusse in modo profondo le diverse posizioni sostenute dalle parti. La nostra Organizzazione Sindacale insieme alle Istituzioni locali ed il Prefetto hanno cercato di condurre una discussione sul merito del problema occupazionale ed alla fine il buon senso ha prevalso, siamo riusciti a smorzare un po’ i toni ed a mettere in campo alcune proposte che vanno nella direzione da noi sperata.
Giovedì in Prefettura, alla presenza del Delegato del Prefetto, dott. Sergio Pomponio, dei rappresentanti di Reckitt Benckiser italia S.p.A. e di Zeolite Mira S.r.l. Unipersonale, degli esponenti delle Organizzazioni sindacali Filctem CGIL e Femca CISL e delle RSU di Zeolite Mira S.r.l. Unipersonale, di due funzionari della Regione Veneto e della Provincia di Venezia e del Sindaco del Comune di Mira, assente giustificata l'UILTEC, si è svolto un incontro, in relazione alla vertenza civilistica in atto tra le due società sopra indicate.
Nello specifico, lo stabilimento di Zeolite Mira S.r.l. Unipersonale (ZM) è situato all'interno della proprietà di Reckitt Benckiser italia S.p.A. (RBI), con la quale condivide le infrastrutture relative ad alcuni servizi, versando un corrispettivo.
Con questo comunicato voglio ribadire con fermezza a nome mio e a nome del FILCTEM CGIL che non condivido e non condividiamo assolutamente l’atteggiamento del capo del personale che facendo riferimento ad affermazioni che noi non abbiamo mai fatto sulla stampa, ho soltanto ribadito che martedì dopo un momento di confronto si era trovata un’intesa e la protesta (non lo Sciopero) era rientrata.
Il Direttore infatti dopo aver confermato alcune scelte fatte dopo una discussione sulle linee produttive e su tanti altri argomenti che da tempo stanno alimentando un clima di forte contrapposizione, affermava di fronte a tutti che l’ora di sospensione dal lavoro in forma di protesta effettuata dai lavoratori veniva riconosciuta ugualmente come un’ora di lavoro normale e comunque coperta dal punto di vista economico.
Rispetto a tale decisione le affermazioni fatte dal capo del personale ci sembrano una forma di autoritarismo che non comprendiamo ma oltre a questo tale decisione porta a possibili strumentalizzazioni nei nostri confronti.
Questo sistema non lo accettiamo, è un sistema provocatorio e che contribuirà a peggiorare il clima dei rapporti all’interno del nostro stabilimento.
Crediamo fermamente che il metodo utilizzato sia fatto proprio in modo da creare problemi alla nostra organizzazione mettendo chi la rappresenta in cattiva luce.
L’ultimo accordo sulle bonifiche di Porto Marghera contiene, nel proprio dispositivo, gravissime lacune che possono sfociare in derive speculative e soprattutto in un niente di fatto, dal punto di vista della soluzione del problema.
C’era chi sosteneva (Comune e Regione) che per effetto di quell’accordo si sarebbe limitato l’intervento della burocrazia. Io credo invece che quell’accordo determini il progressivo appesantimento della burocrazia stessa, ma soprattutto anche la non certezza della continuità produttiva degli impianti e delle attività esistenti.
L’accordo sulle bonifiche siglato al Ministero dell’Ambiente al proprio interno, in un paragrafo, assegna i lavori o la gestione ad una società specifica.
Alla GA Operations di Fossò, l’ora di sciopero decisa dai lavoratori riceve un consenso inaspettato e straordinario. Scende quasi metà degli addetti dell’azienda. Lavoratrici e lavoratori lasciano ciò che stavano facendo e arrivano in camice bianco davanti al cancello della sede, perché di cose da dire oggi, ce ne sono davvero tante.
La GA Operations d’improvviso e a pochi giorni dalla scadenza, comunica a 11 lavoratori assunti e fatti lavorare per 2/3 anni con contratti a termine, che di proroghe questa volta non ce ne saranno più.
Proprio così. Quest’azienda che ha all'interno del suo nome, GA, il marchio di una delle griffe più note e pagate del pianeta, Giorgio Armani, dichiara, ci raccontano, di non essere in grado non solo di stabilizzare il loro rapporto di lavoro, ma neppure di poterlo rinnovare anche solo per un altro periodo.
No, il forno della sede Pilkington di Venezia "non verrà rimesso in funzione". Lo dice con convinzione Davide Mora, un dirigente della filiale di Marghera della società inglese del vetro. Che fa capolino in portineria, dopo che aspettiamo di essere ricevuti per oltre un'ora. Il tavolo sulla crisi del polo produttivo, c'è stato. E ha raccolto, oltre ai sindacati, i vertici europei e italiani Pilkington. Quegli stessi che non hanno voluto rilasciare dichiarazioni davanti alla telecamera, sul risultato del summit e sul destino dei lavoratori, rimasti fuori a far sentire la loro presenza e a ricordare alla politica locale che quello non è per niente "un sito dismesso". "E' funzionante eccome", hanno ribadito. "E dà da mangiare ad un centinaio di famiglie".
A microfono spento Davide Mora ci assicura però, che nei prossimi giorni sarà stilato un verbale di questo incontro voluto con forza dai 130 addetti. Dove saranno riportate tutte le questioni relative al destino della sede e a quello dei dipendenti veneziani. Certo, l'ipotesi di utilizzare i capannoni come magazzini non è da escludere ci riferisce Mora. Come non è da accantonare ogni altra alternativa valida di riorganizzazione aziendale, utile a salvare posti di lavoro.
Alla sede di Mestre di Demont Ambiente, i lavoratori rimasti senza stipendio e senza risposte non hanno intenzione di rassegnarsi finché non avranno ottenuto informazioni certe sul loro futuro. I mesi passano e la situazione si fa sempre più pesante. Ufficialmente non sono stati licenziati e sicuramente non potranno beneficiare di altri ammortizzatori sociali, che sono stati utilizzati nei loro confronti, quando già in passato Montefibre di Porto Marghera aveva chiuso i battenti lasciandoli senza occupazione. Demont, secondo indiscrezioni, sarebbe già sulla via del fallimento. Ma nessuno può dirlo con sicurezza. E la società continua a non fare chiarezza sulle sue reali condizioni e intenzioni. La voce "bonifiche" a Marghera è sempre stata una partita molto appetibile, per molte imprese del veneziano. Anche per i benefici ricavabili dall'assegnazione dei lavori. Quando determinate logiche vengono meno e saltano progetti e programmi, a pagare è prima di tutto chi perde il lavoro.
L'incarico alla Demont, per le bonifiche dei terreni del porto, aveva aperto uno spiraglio per questi lavoratori ex Montefibre, restituendo una speranza. Che è durata però solo un paio d'anni. Ora, lo scenario si ripete. Sono davanti ad un nuovo fallimento e con le mani legate, per non poter essere ricollocati in nessun'altra società del gruppo, finché Demont Ambiente non si sarà ritirata definitivamente dal consiglio d'amministrazione. Pagano ancora e in prima persona, perché lo stipendio non arriva più.
Quando abbiamo citofonato per chiedere di parlare con i titolari dell'azienda, ci hanno risposto: "qui non c'è nessuno".
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